E POI LE IDEE SI ATTACCANO: tentativi e tentazioni nel lavoro quotidiano dell’ insegnante PARTE I di Myriam Mascetti – esperienze e riflessioni sulla quotidianità scolastica
Non mi piace il titolo del convegno; mi infastidisce ma….
Mi obbliga a pensare a cosa abbiamo fatto e stiamo facendo come adulti nella mia scuola. Alle nostre relazioni. Più intense, rabbiose, demotivate; spesso sembra tutto inutile, ogni sforzo, e questo continua e, in continuazione, ciò che facciamo è disfatto e rifatto.
C’è grande difficoltà a pensare altro; grande difficoltà e poca resistenza alla paura della disobbedienza: obbedire senza capire il senso o disobbedire al non senso sembrano le sole possibilità. Si sentono grande responsabilità e nessuna tutela. Abbandono. E, facilmente, si cede alla paura della malattia e della morte,nostra e altrui.
Però io, insegnante, sono un OGM: organismo geneticamente maestro! Ho nel DNA del mio ruolo il fatto che devo sempre avere una risposta per tutto, non posso non sapere, non avere una soluzione pronta. Non posso essere disorientata!
Perciò le tentazioni non sono dette e lavorano sotto….Ecco quelle di cui mi sono accorta e quelle di alcune colleghe:
Di preoccuparmi e non occuparmi, senza sapere, ad esempio, perché qualcosa mi preoccupa
Di semplificare, vedere la complessità e volerla eliminare
Di banalizzare
Di fuggire, mettere la testa sotto la sabbia
Di far finta che non si debba cambiare nulla e di far finta che si debba cambiare tutto
Di irrigidirsi e applicare schemi vecchi a situazioni nuove
Di burocratizzare ed irrigidire le relazioni ed i ruoli
Di pensare a pararsi le spalle
E la più grande di tutte: quella di dirmi che non ho avuto tentazioni!
Cosa fare? Come superare?
Lasciarsi vivere andando avanti come burattini o automi a fare cose vecchie in modo “sanificato”? Fare per forza cose nuove buttando via ciò che abbiamo costruito fino ad oggi?Provare a guardare i bambini e se stessi, ad ascoltarli/si, per recuperare il senso e tenersi stretti al senso, non al flacone di igienizzante. Per avere una speranza pedagogica.
Il senso è quello dello stare, della presenza a sé e agli altri. Stare lì vicino ed esserci quando il bambino/genitore/collega ri-parte con la progettazione.
Tentazione e tentativo hanno di certo qualcosa in comune: l’origine nel verbo TENTARE. Che cosa mi permette di passare dall’avere delle tentazioni, legittime e autentiche peraltro, a mettere in atto dei tentativi? Forse è la continua conoscenza di sé, il gioco infinito del processo di formazione dell’essere umano che alterna stasi e trasformazioni, passività e attività, riflessione e azione, vuoto e pieno…Io progetto la mia presenza, il mio ruolo, che non do per scontato. La mia disponibilità ad esserci.
Come voglio essere a scuola? Conoscendomi, per come sono fatta io, come penso che potrò esserci? A fianco di bambini e genitori e colleghi?
A partire da una consapevolezza di sé e dei propri vissuti ed emozioni, stati d’animo, sensazioni, pensieri, per progettare il “durante”, dove tutto questo inevitabilmente entra ed è bene che lo abbiamo in mente, che, poi, si fa facendo. Senza risposte assolute, senza certezze, ora più che mai, senza pretese ma con le proprie preoccupazioni, bisogni di rassicurazione nei contesti di relazione.
Spazi e tempi come contesti, come pretesti di relazione. Per forza di cose complessi. Pieni di soggetti complessi, che interagiscono in modo complesso, imprevedibile, unico e stupefacente, compresa me. Se ti dai la possibilità di pensarla questa cosa, e di farla, con un po’ di coraggio. Anche prima del covid. Sempre devo progettare il mio stare. E documentare. Anche lo stare male, l’inevitabile imperfezione, la crisi. Per passare da OGM a ETC: essere trasformata continuamente! Rivendico
Considero il diritto al disorientamento come motore di trasformazione!